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2 agosto 2014 6 02 /08 /agosto /2014 15:48

a cura di Ninnj Di Stefano Busà

 

 

GIORGIO BARBERI SQUAROTTI

 

 

Si è laureato nel 1952 con con G. Getto con una tesi sull'opera letteraria di Giordano Bruno, del quale ha poi curato diverse opere (autori da lui curati risultano: G. Carducci, C. Goldoni, D. Alighieri, T. Tasso, Petrarca, Niccolò Machiavelli, G. Bonaviri,Guido Gozzano, I. Svevo, V. Alfieri, Carlo Emilio Gadda, Leonida Rèpaci).Ha insegnato Letteratura italiana dal1997 al 1999.

Con Angelo Jacomuzzi ha diretto Letteratura e critica: antologia della critica letteraria in 2 volumi D'Anna (prima ed.1967) e Critica dantesca: antologia di studi e letture del Novecento (prima ed. 1070).

Dopo la morte di Salvatore Battaglia è diventato responsabile scientifico del Grande dizionario della lingua italiana UTET Edizioni presso il quale ha anche diretto una Storia della civiltà letteraria italiana in 6 volumi (1990-96).

È consigliere-fondatore della Fondazione Marino Piazzolla.

Opere]

Saggi[]
  • Astrazione e realtà, Milano: Rusconi e Paolazzi (Quaderni de Il Verri), 1960
  • Poesia e narrativa del secondo Novecento, Milano: Mursia, 1961, 1967, 1971, 1978
  • Metodo, stile, storia, Milano: Fabbri, 1962
  • La poesia italiana contemporanea dal Carducci ai giorni nostri (con Stefano Jacomuzzi), Messina-Firenze: D'Anna, 1963, 1973, 1980
  • La narrativa italiana del dopoguerra, Bologna: Cappelli, 1965, 1968, 1975
  • Pagine di teatro, Torino: SEI, 1965
  • Teoria e prove dello stile del Manzoni, Milano: Silva, 1965
  • La cultura e la poesia italiana del dopo guerra, Bologna: Cappelli, 1966
  • La forma tragica del Principe e altri saggi sul Machiavelli, Firenze: Olschki, 1966
  • Simboli e strutture della poesia del Pascoli, Messina-Firenze: D'Anna, 1966, 1976
  • Camillo Sbarbaro, Milano: Mursia, 1971
  • Il gesto improbabile. Tre saggi su Gabriele D'Annunzio, Palermo: Flaccovio, 1971
  • L'artificio dell'eternità. Studi dantechi, Verona: Fiorini, 1972
  • Il codice di Babele, Milano: Rizzoli, 1972
  • Manzoni. Testimonianze di critica e di polemica (con M Guglielminetti)Messina-Firenze: D'Anna, 1973
  • Gli inferi e il labirinto. Da Pascoli a Montale, Bologna: Cappelli, 1974
  • Poesia e ideologia borghese, Napoli: Liguori, 1976
  • Fine dell'idillio. Da Dante a Marino, Genova: Il melangolo, 1978
  • Le sorti del tragico. Il novecento italiano: romanzo e teatro, Ravenna: Longo, 1978
  • Il romanzo contro la storia. Studi sui Promessi sposi, Milano: Vita e pensiero, 1980
  • Dall'anima al sottosuolo. Problemi della letteratura dell'Ottocento da Leopardi a Lucini, Ravenna: Longo, 1982
  • Giovanni Verga. Le finzioni dietro il verismo, Palermo: Flaccovio, 1982
  • Invito alla lettura di Gabriele d'Annunzio, Milano: Mursia, 1982, 1988, 1993
  • Il potere della parola. Studi sul Decameron, Napoli: Federico & Ardia, 1983
  • La poesia del Novecento. Morte e trasfigurazione del soggetto, Caltanissetta: Sciascia, 1985
  • L'ombra di Argo. Studi sulla Commedia, Torino: Genesi, 1986, 1992
  • L'onore in corte. Dal Castiglione al Tasso, Milano: F. Angeli, 1986
  • La forma e la vita. Il romanzo del Novecento, Milano: Mursia, 1987
  • Machiavelli, o La scelta della letteratura, Roma: Bulzoni, 1987
  • Manzoni. Le delusioni della letteratura, Rovito: Marra, 1988
  • Il sogno della letteratura, Milano: F. Angeli, 1988
  • In nome di Beatrice e altre voci, Torino: Genesi, 1989
  • Le maschere dell'eroe. Dall'Alfieri a Pasolini, Lecce: Milella, 1990
  • Le colline, i maestri, gli dei, Treviso: Quaranta, 1992
  • La scrittura verso il nulla: D'Annunzio, Torino: Genesi, 1992
  • Il sogno e l'epica, Torino: Genesi, 1993
  • Il viaggio di liberazione attraverso l'Inferno, Torino: Genesi, 1993
  • Parodia e pensiero: Giordano Bruno, Milano: Greco & Greco, 1997
  • Le capricciose ambagi della letteratura, Torino: Tirrenia, 1998
  • L'orologio d'Italia. Carlo Levi e altri racconti, Ragusa: Libroitaliano, 2001
  • Addio alla poesia del cuore, Roma: Sovera, 2002
  • I miti e il sacro. Poesia del Novecento, Cosenza: Pellegrini, 2003
  • Il tragico cristiano da Dante ai moderni, Firenze: Olschki, 2003
  • Ottocento ribelle, Albano: Anemone Purpurea, 2005
  • La teoria e le interpretazioni, Napoli: Guida, 2005
  • Le cortesie e le audaci imprese. Moda, maghe e magie nei poemi cavallereschi, Lecce: Manni, 2006
  • La letteratura instabile. Il teatro e la novella fra Cinquecento ed età barocca, Treviso: Santi Quaranta, 2006
  • Il pipistrello a teatro. Pirandello, narrativa e tragedia, Verona: Bonaccorso, 2006
  • La farfalla, l'anima. Saggi su Gabriele d'Annunzio narratore, Verona: Bonaccorso, 2007
  • Il sistema della narrativa. Gli autori del Novecento: saggi critici, Montichiari: Zanetto, 2008
  • La poesia, il sacro e il patinoire. Saggi su Gozzano e Pavese, Sestri Levante: Gammarò, 2009
  • La cicala, la forbice e l'ubriaco. Montale, Sbarbaro e l'altra Liguria, Sestri Levante: Gammarò, 2011
  • Le donne al potere e altre interpretazioni. Boccaccio e Ariosto, Lecce: Manni, 2011
  • Entello, Ulisse, la matrona e la fanciulla. Saggi su Saba e Campana, Sestri Levante: Gammarò, 2011
  • Tutto l'Inferno. Lettura integrale della prima cantica del poema dantesco, Milano: F. Angeli, 2011
  • L'ultimo cuore del novecento. Paesaggi per la poesia, Sestri Levante: Gammarò, 2012
Raccolte di poesie[]
  • La voce roca, Milano: All'insegna del pesce d'oro, 1960
  • La declamazione onesta, Milano: Rizzoli, 1965
  • Finzione e dolore, Pisa: Valenti, 1976
  • Notizie dalla vita, Livorno: Bastogi, 1977
  • Il marinaio del Mar Nero e altre poesie, Fossalta di Piave: Rebellato, 1980
  • Dalla bocca della balena, Torino: Genesi, 1986
  • In un altro regno, Torino: Genesi, 1990
  • La scena del mondo, Torino: Genesi, 1994
  • Dal fondo del tempio, Torino: Genesi, 1999
  • Le vane nevi, Verona: Bonaccorso, 2002
  • Il gioco e il verbo, Castelfrentano: Orient Express, 2005
  • La storia vera, Montichiari: Zanetto, 2006
  • I doni e la speranza, Albano: Anemone Purpurea, 2007
  • Gli affanni, gli agi e la speranza, Forlì: L'arcolaio, 2008
  • Le foglie di Sibilla, Genova: De Ferrari, 2008
  • Lo scriba delle stagioni, Castel di Judica: Samperi, 2008
  • Il giullare di Nôtre-Dame des Neiges, Roma: EdiLet, 2010

 

 

L'interesse di Squarotti si è orientato verso un rinnovamento del linguaggio e delle forme poetiche, sviluppando interesse verso le avanguardie e di tutta la Letteratura che va dall'Ottocento in avanti.

 

 

 

 

L'annuncio, di notte

 

 

Nella notte di smilza luna e fievoli

stelle avvertimmo accanto un buio caldo

e la ragazza apparve, alta e sinuosa,

e c'era nella sua compatta tenebra

soltanto il riso rosso della bocca.

Ci fu, nel nulla, quel lampo di luce,

poi la voce sgorgata d'improvviso.

Ave! Vengo con voi qui, per tenervi

compagnia, non badate se c'è ancora

fra i miei capelli qualche piuma, scesa

dal cielo della langa, giocheremo

e parleremo e leggremo versi,

noi che abbiamo la fede ancora

nella mia bellezza che è salvezza e annuncio.

 

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29 luglio 2014 2 29 /07 /luglio /2014 09:59

 

a cura di Ninnj Di Stefano Busà

 

Franco Loi è nato a Genova nel 1930 da padre sardo e da madre emiliana. Seguendo il padre ferroviere si è trasferito a Milano, dove vive. Dopo essere stato attivo militante comunista, ha aderito al movimento della nuova sinistra, ma dagli anni settanta ha lasciato sostanzialmente l'attività politica, assumendo posizioni molto personali, con forte accentuazione di una religiosità anarchico-libertaria. La sua prima produzione poetica è nata tutta in una breve stagione, tra il 1965 e il 1974 quasi sotto dettatura: "scrivevo versi per quattordici ore filate al giorno, mi sono sempre considerato amanuense di Qualcuno". Esordisce solo nel 1973 come poeta dialettale con l'opera I cart (Edizione Trentadue) e l'anno dopo con Poesie d'amore (Il Ponte). Seguono:

Stròlegh (introduzione F. Fortini, Einaudi, 1975), Teater (Einaudi, 1978), L'angel (I parte, introduzione F. Brevini, San Marco dei Giustiniani, 1981), Lünn (incisioni di F. Farulli, Il Ponte, 1982), Bach (Scheiwiller, 1986), Liber (risvolto C. Segre, Garzanti, 1988), Memoria (introduzione G. Tesio, Boetti & C., 1991), Poesie (introduzione F. De Faveri, Fondazione Piazzola, 1992), Umber (prefazione R. Luperini, Piero Manni, 1992), Poesie, Antologia personale(introduzione F. De Faveri, Fondazione Marino Piazzolla, 1992) L'angel (in 4 parti, risvolto C. Segre, Mondadori, 1994),Arbur (incisioni G. Di Fidio, Moretti & Vitali, 1994), Verna (risvolto D. Attanasio, Empiria, 1997), Album di famiglia(introduzione B. Malacrida, Lietocollelibri, 1998), Amur del temp (Crocetti, 1999), Isman (Einaudi, 2001), Aquabella(Lyra, 2004), Voci d’osteria (Mondadori, 2007), Angel de aria (Aragno, 2011), I niül (Lyra, 2012). Oltre alle raccolte di poesia ha anche pubblicato un libro di racconti L'ampiezza del cielo (2001) e alcuni saggi: La lingua della poesiaEdizioni Provincia di Bergamo, 1995) Poesia e religione (Edizioni San Paolo, 1996), compresa l’autobiografia Da bambino il cielo (Garzanti, 2008).

Ha vinto i premi Bonfiglio, Nonino per Liber, Librex Montale e Brancati.

 

Forsi û tremâ cume de giass fa i stèll

da "Lünn" (1982)

Forsi û tremâ cume de giass fa i stèll, 
no per el frègg, no per la pagüra, 
no del dulur, legriâss o la speransa, 
ma de quel nient che passa per i ciel 
e fiada sü la tèra che rengrassia… 
Forsi l’è stâ cume che trèma el cör, 
a tí, quan’ne la nott va via la lüna, 
o vegn matina e par che ‘l ciar se mör 
e l’è la vita che la returna vita… 
Forsi l’è stâ cume se trèma insèm, 
inscí, sensa savèl, cume Diu vör…


Forse ho tremato come di ghiaccio fanno le stelle

da "Lünn" (1982)

Forse ho tremato come di ghiaccio fanno le stelle,
no per il freddo, no per la paura,
no del dolore, del rallegrarsi o per la speranza,
ma di quel niente che passa per i cieli
e fiata sulla terra che ringrazia...
Forse è stato come trema il cuore,
a te, quando nella notte va via la luna,
o viene mattina e pare che il chiarore si muoia
ed è la vita che ritorna vita...
Forse è stato come si trema insieme,
così, senza saperlo, come Dio vuole...


 

Me piasaríss de mí desmentegâss

da "Lünn" (1982)

Me piasaríss de mí desmentegâss, 
e camenà, e respirà per tí, 
vèss cume i fjö che quand je branca el sû 
se làssen sumenà due el vör lü, 
e mai truâss, e pü capí de mí, 
ma vèss giuius de l’aria che me tira 
due che la vita la se pensa vîv.


Mi piacerebbe di me dimenticarmi

da "Lünn" (1982)

Mi piacerebbe di me dimenticarmi,
e camminare, e respirare per te,
essere come i ragazzi che quando li prende il sole
si lasciano seminare dove lui vuole,
e mai ritrovarsi, e non più capire di me stesso,
ma essere gioioso dell'aria che mi attira
là dove la vita si pensa vivere.


 

Sèm poca roba, Diu, sèm squasi nient

da "Liber" (1988)

Sèm poca roba, Diu, sèm squasi nient, 
forsi memoria sèm, un buff de l’aria, 
umbría di òmm che passa, i noster gent, 
forsi ‘l record d’una quaj vita spersa, 
un tron che de luntan el ghe reciàma, 
la furma che sarà d’un’altra gent… 
Ma cume fèm pietâ, quanta cicoria, 
e quanta vita se porta el vent! 
Andèm sensa savè, cantand i gloria, 
e a nüm de quèl che serum resta nient.


Siamo poca roba, Dio, siamo quasi niente

da "Liber" (1988)

Siamo poca roba, Dio, siamo quasi niente,
forse memoria siamo, un soffio d'aria,
ombra degli uomini che passano, i nostri parenti,
forse il ricordo d'una qualche vita perduta,
un tuono che da lontano ci richiama,
la forma che sarà di altra progenie...
Ma come facciamo pietà, quanto dolore,
e quanta vita se la porta il vento!
Andiamo senza sapere, cantando gli inni,
e a noi di ciò che eravamo non è rimasto niente.


 

  


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29 luglio 2014 2 29 /07 /luglio /2014 09:33

a cura di Ninnj Di Stefano Busà

 

 

 

DAVIDE RONDONI

 

Nato nel 1964, a Forlì, si è Laureato in Letteratura italiana a Bologna, dove vive. Dirige il Centro di poesia contemporanea dell'Università di Bologna e svolge attività di consulenza editoriale per alcune case editrici, tra cui Marietti, Guaraldi e Laterza. Per quest'ultima ha curato una collana di narratori contemporanei rivolta alla scuola media. Ha pubblicato alcuni volumi di poesia: La frontiera delle ginestre (Forum Quinta generazione, 1985), O les invalides (Nuova Compagnia, 1988), A rialzare i capi pioventi (Nuova Compagnia - Guaraldi, 1993), Il tempo delle cose cieche (Nuova Compagnia, 1995), Il bar del tempo (Guanda, 1999), Non sei morto, amore (Quaderni del battello ebbro, 2001), Avrebbe amato chiunque (Guanda, 2003), Compianto, vita (Marietti, 2003), Il veleno, l'arte (Marietti, 2004),L'acqua visitata dal fuoco (Marietti, 2005), Vorticosa, dipinta (Marietti, 2006), Apocalisse amore (Mondadori 2008), Le parole accese. Poesie per bambini e non (Rizzoli, 2009), 3, Tommaso, Paolo, Michelangelo (Marietti 2009), Ballo lentamente con le tue ombre. Poesie per il tango (Tracce 2009), Rimbambimenti. Poesie di tipo romagnolo (Raffaelli, 2010). In prosa, i romanzi I santi scemi (Guaraldi 1995) e Hermann (Rizzoli, 2010). I saggi: L'avvenimento della poesia, on-line (Guaraldi-Logos, 1999), Non una vita soltanto. Scritti da un'esperienza di poesia (Marietti, 2002), La parola accesa (Edizioni Di Pagina, 2006), Il fuoco della poesia, In viaggio nelle questioni di oggi (BUR, Rizzoli, 2008),Contro la letteratura (Il Saggiatore, 2010). Per il teatro: Giotto, l'uomo che dipinse il cielo (Compagnia Elsinor),Barabba il liberato (per Flavio Bucci, Alvia Reale e Patrizia Zappa Mulas), Non sei morto amore (per David Riondino e Sandro Lombardi), La locanda, le stelle (per Andrea Soffiantini), Compianto, vita (per Virginio Gazzolo), Il veleno, l'arte(per Iaia Forte), Dalle linee della mano (Teatro Biondo, Regia di Pietro Cariglio), Passare delicatamente la mano. Per E. e per tutti (teatro Elsinore). Ha tradotto da Rimbaud, Péguy, Dickinson e Baudelaire. Ha curato per Rizzoli il commento ad una edizione dei Cori da la Rocca di Eliot, un'edizione delle poesie di Ada Negri, delle lettere di E. Mounier e un'antologia di Charles Péguy e altri volumi per la collana di cui è curatore, "I libri dello spirito cristiano" diretta da Luigi Giussani. Ha fondato e dirige inoltre la rivista trimestrale di letteratura "clanDestino". Ha curato un un'antologia di scritti d’amore di Giacomo Leopardi (Garzanti), un libro-conversazione con Ezio Raimondi (Guaraldi) e una versione poetica dei Salmi (Marietti). Con Franco Loi ha curato per Garzanti un’antologia della poesia italiana dagli anni ’70 a oggi.

Di critica letteraria e di cultura si è occupato e si occupa su Il Giornale, Avvenire, Il Sabato, Il Sole24 ore.

Ha diretto per due anni il mensile "Tracce - Litterae Comunionis".

 

1

Io non voglio diventare vecchio

perché lo sono già stato mille volte

e so già il buio e quella vile tempesta.

Ora che piango come vidi

pianger mio padre, la stessa ruga e la testa

abbattuta, piena di sgomento,

imparo che la giovinezza

non corre nelle sorprese

del sangue ma nello sguardo che un vento

strappa da terra

per vedere in questo duro paese

l'infinita somiglianza tra Dio

e il viso di lei tutte le sere, i rami

nudi contro il cielo, il vino

fermo nel bicchiere...

 

 

 

2

Quante volte, Milano

dalla mia terra più dolce

sono arrivato davanti al tuo volto

piatto, senza respiro.

 

 

E' il tempo dell'amore duro,

è notte, solo notte, è dignità

di sguardi che sanno d'averla

perduta, è il viale dove scendo

come bestia che è pazza a cercare

l'asfalto nero, rapido

e luminoso di pioggia come

uno stordimento.

 

 

Pioggia anche la mattina

giù dai vetri larghi al supermarket,

acqua sentita per un istante,

una stretta nel cuore all'uscita

dalle porte a cellula di luce

e giù la testa, di corsa

fino all'entrata confusa nell'auto

tra l'odore dei vestiti bagnati

e la carezza gelida del cellophàn.

 

 

Devo scordarmi di lei,

scesa per le scale

del metrò, senza più bellezza per me,

devo scordarmi di me, chiuso

in auto a guardarla senza più pensiero.

Devo scordarmi quel tuo nero, Milano,

e il vaniloquio del traffico

sotto l'acqua, e il giorno e l'ora,

scoprire che non c'era

né diritto né speranza, e neanche

amore, ma furore, solo dolce

e demente furore.

 

 

Quante volte dalla mia terra più calma

sono venuto al tuo inferno.

Mi conoscono i fedeli dei chioschi notturni,

illuminati come stelle gelate, le mosche

che sembrano i maghrebini, i turchi

che stanno intorno a trafficare, ad aver pace.

Quante volte sono venuto al tuo inferno,

Milano, a inaugurarlo.

E se quella notte speravo in una notte

più calma e di risentire il mare

non era per predare, non era

per gettare il capo in un bianco fuoco,

ma era per avere quiete, quiete

se non amore, quiete un poco...

 

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24 luglio 2014 4 24 /07 /luglio /2014 20:08

 

Claudio Fiorentini è un pittore, romanziere e poeta. È nato a Roma nel 1959, ha vissuto in Messico, Francia e Marocco per molti anni, ed ha viaggiato in oltre 40 Paesi. È attivo nel mondo dell’arte sin dagli anni settanta, inizialmente come poeta, e dagli anni novanta è anche romanziere, fotografo e successivamente pittore atratto. Ha pubblicato otto libri, quasi tutti premiati in diversi premi letterari, ha curato una raccolta di racconti e disegni di bambini delle scuole elementari e medie, presiede diverse rassegne letterarie ed è giurato in prestigiosi premi letterari e. Come pittore, ha partecipato a varie mostre nazionali ed internazionali.

 

Libri Poesia:

“Da comunque Uomo”, 1992

“Incauta magia del mentre”, 2012

 

Romanzi:

 “Ovvero, le porte del mare”, 2002

“Io parlo Jazz”, 2004

“Il faro di Bighlise”, 2007

 “La stella e la sua luce”, 2008

“Il misterioso caso di Via Delia da Gilal-Gulta”, 2011

 “Captaloona”, 2013

 

Raccolte di racconti

È il curatore della raccolta di racconti e disegni “La voce di Porta Portese oggi”, pubblicata nel 2014

 

Antologie

È presente nell’antologia “L’evoluzione delle forme poetiche”, curata da Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo

 

Premi letterari recenti

Premio Guerrino Bradeggia al Pegasus Cattolica 2014 per “Captaloona”

Finalista all’Albero Andronico 2014 con “Incauta magia del mentre”

Terzo premio al Grottammare 2014 con l’inedito “L’Appuntamento”

 

Mostre personali :

Polmone Pulsante, Roma, 2002

ONIRIDE, Galleria Saman, Roma, 2011

Polmone Pulsante, Roma, 2014

Digging into Khaos, Malta, 2014

 

Collettive recenti:

Istanbul international exhibition. 2012

Académie Européenne des Arts, Paris, 2013

Académie Européenne des Arts, Château de la Rochette, Luxembourg, 2013

Jazy, Saman, Roma 2014

Permanenti :

TUYAP, Istanbul, 2012

 

Premi pittura

Prix Téchnique mixte, Accadémie Européenne des Arts, 2013

 

Claudio Fiorentini Via Pascarella 34                                                                                      

00153 Roma           

 06 5812717               335 5496809      

 www.claudiofiorentini.it  / claudio_fiorentini@yahoo.it

 

 

Silenzi

 

A voi, silenzi che siete tra le parole
e che soli non siete nulla
dedico il mio respiro
a bocca chiusa.
Siete lì senza saperlo, privi di tempo
a dare senso ad ogni poesia, ad ogni racconto.
Chi non vi pronuncia non conosce il valore della notte
della mestizia della morte
e della vita stessa
che solo grazie a voi si riconosce rumorosa.

Silenzi,
non lasciate che il mio canto si privi di voi
perché solo il vostro ritmo
la vostra pazienza
e il vostro essere sempre a disposizione, nell'attesa
sospesi tra un attimo e l'altro
dà un senso a ciò che non ha senso

Aiutatemi a cantare quest'ode muta
facendovi coro di vuoto e nulla
per ricordare che la parola
non esiste

senza il silenzio. 

 

 

 

Seppure si disfacesse

 

Seppure si disfacesse

Questo laccio di seta e terra

Che lega note spente a luci trascurate

Per far della menzogna un’illusione,

Con un ghigno ed un balzo lo prenderei anche disfatto

Lo stringerei forte come ora,

implorandogli di resistere

ancora un momento

perché illusione e menzogna

sono traccia di vita

e la vita stessa

poi, con quel laccio legherei la realtà

perché mai più derubi il sogno.

 

.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Claudio Fiorentini

Via Pascarella 34

00153 Roma

Nato a Roma il 22 Luglio 1959

claudio_fiorentini@yahoo.it 

www.claudiofiorentini.it

06 5812717 / 335 5496809

 

Dichiaro che la presente poesia, con la quale partecipo alla seconda edizione del premio “Si accende il Borgo” sezione A, è inedita ed è frutto della mia creatività.

 

 

 

 

 

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20 luglio 2014 7 20 /07 /luglio /2014 19:48

a cura di Ninnj Di Stefano Busà

 

 

Giorgio Linguaglossa è nato a Istanbul nel 1949 e vive e Roma. Nel 1992 pubblica Uccelli e nel 2000 Paradiso. Ha tradotto poeti inglesi, francesi e tedeschi tra cui Nelly Sachs e alcune poesie di Czeslaw Milosz. Nel 1993 fonda il quadrimestrale di letteratura «Poiesis» che dal 1997 dirigerà fino al 2005. Nel 1995 firma, Giuseppe Pedota, Lisa Stace, Maria Rosaria Madonna e Giorgia Stecher il «Manifesto della Nuova Poesia Metafisica», pubblicato sul n. 7 di «Poiesis». È del 2002 Appunti Critici – La poesia italiana del tardo Novecento tra conformismi e nuove proposte. Nel 2005 pubblica il romanzo breve Ventiquattro tamponamenti prima di andare in ufficio. Nel 2006 pubblica la raccolta di poesia La Belligeranza del Tramonto.
Nel 2007 pubblica Il minimalismo, ovvero il tentato omicidio della poesia in «Atti del Convegno: È morto il Novecento? Rileggiamo un secolo», Passigli, Firenze. Nel 2010 escono La Nuova Poesia Modernista Italiana (1980 – 2010) EdiLet, Roma, e il romanzo Ponzio PilatoMimesis, Milano Nel 2011, sempre per le edizioni EdiLet di Roma pubblica il saggio Dalla lirica al discorso poetico. Storia della Poesia italiana 1945 - 2010. Nel 2013 escono il libro di poesia Blumenbilder (natura morta con fiori), Passigli, Firenze, e il saggio critico Dopo il Novecento. Monitoraggio della poesia italiana contemporanea (2000 - 2013), Società Editrice Fiorentina, Firenze. Ha fondato il blog lombradelleparole.wordpress.com

e-mail: glinguaglossa.@gmail.com

 

 

La dama esce dal quadro

 

 

 

Rotola la luna sul lenzuolo del cielo

steso ad asciugare sul terrazzo dell'albergo veneziano.

Grandi camion portano un carico di stelle

e le scaricano proprio qui sopra il terrazzo.
Venezia. Laguna di vetro e di maiolica.

Una gondola dondola.

Il remo del gondoliere imprime all'acqua

un movimento a vortice e, miracolosamente

la barca va.

Sulla banchina un moro vende cappelli colorati,

bastoni da passeggio col pomo di avorio,

cofanetti in argento, mappamondi in madreperla.

Ad Utrecht, un pittore fiammingo dipinge

una natura morta con violino.
Nella lontana Fiandra un bianco cavallo

a galoppo giunge
su un tappeto di fiori; una bellissima dama

accompagnata da valletti e cicisbeo
esce da un quadro del Tiepolo, si incontra con Johannes Vermeer
che indica la luna...

che ha appena dipinto la ragazza con l’orecchino di perla...

La dama si volta verso di noi che osserviamo il quadro

dall'altro lato del mondo e ci guarda sorpresa:
«che stagione è questa»?, chiede al pittore;
«è vento di primavera», risponde l'usignolo

che canta a squarciagola sull’albero.

Ma non è così; lo sappiamo noi

che consideriamo le cose dalla finestra

del XXI secolo dei tempi futuri.

 

Siamo ancora vivi?

 

 

 

 

Grandi camion con autorimorchio trasportano le stelle

le scaricano qui nel nostro giardino dove abbiamo

seppellito il sole.

Una cornacchia solitaria batte il becco

sul vetro della finestra;

tu coltivi le rose e le viole sulla staccionata

del giardino, Osip Mandel'štam scrive

poesie per bambini, le chiama «Il fornello

a petrolio»; le armate bianche

e le armate nere hanno smesso di combattere,

le guerre non sono finite si sono moltiplicate,

Paganini prova l'archetto del suo Stradivari

per un pubblico di oziosi

e Rembrandt ci osserva da una cartolina.

«Siamo ancora vivi», mi dici, «non è straordinario?».

Le porte si spalancano su altre porte,

l'atrio dà sul giardino...

e la veranda si apre sul mare;

tu sei dentro un abito di seta blu 

a fiori cinesi con le maniche ampie, svasate,

i capelli color rame, l'ampia scollatura del décolleté

e un chapeau de paille blanche...

«È un fatto del tutto trascurabile», ti rispondo

come da un altro mondo mentre

un sole bianco sale allo zenit, un passero

cinguetta sull'albero...

«Sai, a volte ho il sospetto che siamo tutti morti

che la nostra vita sia il pensiero di un premoriente

defunto tanto tempo fa».

Sulle chiome degli alberi sventolano gli uccelli

come bandiere colorate per la festa della Repubblica.

«E c'è differenza, dimmi Giorgio, e se anche fosse?» 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Piccolo qui pro quo con equivoco

 

 

 

Un anemometro brillava tra le masse del vento

felice del suo essere aria, solo aria;

Vivaldi lui sì sa che cos'è la gentilezza,

lui sa amare le donne, sa far vibrare

le note come una vela sul Baltico,

scambia il pentagramma con la troposfera

lancia le note come comete di polvere e ghiacci

nell'atmosfera che respiriamo,

e Osip Mandel'štam

confonde i ciottoli di Koktebel con la struttura

della Divina Commedia; così, da un verso corrotto

o da una pietra striata

nascono i ponti delle parole che nessuno

sa dove condurranno, aeroliti che viaggiano

verso il pianeta azzurro, cercano una casa fatta

di calce e mattoni dove star caldi durante

i mesi invernali...

La dama bianca esce dalla «nascita di Venere»

del Botticelli ed entra nella «Primavera»

di Vivaldi, accompagna il «largo»

e l'«andante con brio» verso l'estuario della

felicità...

frattanto la polizia segreta arresta Mandel'štam

e Hitler ammassa eserciti alla frontiera

della Polonia...

Enceladon si pettina allo specchio

i suoi bellissimi capelli color rame che prendono

fuoco che si propaga alle pareti della sua

stanza ed entra, senza far rumore, in città.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dalla finestra entrava il vento del Nord

 

 

 

 

Un aquilone danzava in cielo con i corvi

i benigni amici dei cadaveri.

Dalla finestra aperta entrava il vento del Nord

rimbalzava sugli stipiti delle porte spalancate

e si posava sulle tue mani di madreperla.

Un bambino mette la mano nel primo cassetto

a destra...

il grammofono suonava un quartetto di Mozart...

Il profilo di Enceladon mi osserva

dal cavalletto davanti alla finestra

il cammeo sul collo sembra oscillare...

Le legioni di Roma si preparano ad una nuova campagna:

Cartagine o il mare del Nord, fa lo stesso.

Io osservo il pittore fiammingo che dipinge il quadro

di Enceladon mentre ritrae il mio volto

in basso nella bandella di destra.

Devo partire: per il Nord o il Sud fa lo stesso.

Presto sarà inverno. L'esercito passerà i mesi

nei quartieri d'inverno.

Kafka va a spasso con Madame Hanska

il Signor Cogito sbatte la porta ed esce di scena

il romanzo diventa una coppa di champagne

e Vivaldi è tornato a Venezia con la sua sgualdrina.

Quando ritornerò, penso, ritroverò il quadro

di Enceladon che mi aspetta, sul cavalletto,

sarà finito da tempo, e i corvi saranno ancora là in alto

insieme agli aquiloni.

 

 

 

 

 

 

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19 luglio 2014 6 19 /07 /luglio /2014 12:41

Tomaso Kemeny (Budapest, 1938), ha pubblicato dieci libri di poesia, tra cui “Il libro dell'angelo” (Guanda, 1991), “La Transilvania liberata” (effigie, 2005), “I paesaggi immaginari” (poli Art, 2010), “Poemetto gastronomico e altri nutrimenti”(Jaca Book,”012),un romanzo “Don Giovanni innamorato” (Es, 2002), un testo drammatico “La conquista della scena e del mondo” (rappresentato per la prima volta ad Alassio, nel 1996), un libro di poetica con il filosofo Fulvio Papi,” Dialogo sulla poesia”(Ibis,1997). Ha pubblicato volumi di traduzione dell'opera di Lord Byron e Jòzsef Attila e scritto saggi e libri su Ch.Marlowe, W.Scott, P.B. Shelley, Dylan Thomas,E.Pound e J.Joyce (dal 1978 al 2006 ,quale professore ordinario di Letteratura Inglese, ha ricoperto la relativa cattedra presso l'Università di Pavia). Uno degli iniziatori del Movimento Internazionale Mitomodernista, ha performato rituali poetici e ha progettato e realizzato con Giuseppe Conte l'occupazmitomodernista della cattedrale S.Croce di Firenze (1994) e poi da solo l'occupazione della collina dell'infinito a Recanati (2011) in nome della bellezza intesa come mito guida alla ribellione contro i poteri illegittimi, culturali e politici offensivi della dignità umana,contro i poteri che promuovono il conformismo, la massificazione, l'appiattimento. E' uno dei fondatori della “Casa della Poesia “ di Milano (2005)

 

 

 

 

L'incontro con l'Eresiarca

 

Cerca il Paradiso tra libellule

dalle elitre cangianti al lume

 

dell'invisibile; lontano

dai disagi dell'Universo

verbale rinascerai

Fenice sempre uguale

affrancato dal  tocco del Tempo

sfigurante, nel fulcro

del mistero svelato

t'inebrierai dell'intimità

assoluta col Divino."

Così

l'eresiarca, al comando

possente del “Padre”, nome venerando-

poi si accende il cero del demonio

nell'ano per il vanto

inesplicabile della gloria delle tare.

Un discepolo, corpo

spezzato come pruni

su cui soffia il gelido nord,

mi addenta il collo incatenandomi

davanti a una capanna piena

d'incurabili che intimoriscono

la Morte col segreto

di una salute pericolosa.

Un altro discepolo

dal cranio incoronato da capelli

ispidi e scuri, con qualcosa

di non terrestre nel suo passaggio

sulla nostra Terra Madre,

mi inumidisce le labbra

con la tenera rugiada

che ogni notte irrora

la pelle della mia amata,

poiché io non sono solo

un reprobo per bene

ma colui che insieme all'amata ha spalancato e

spalancherà ancora le porte del Paradiso

Terrestre

 

 

Incontro con Raffaella

 

Non un angelo caduto

ma quello ritrovato

nel baluginante inferno

di luci incandescenti,

vermiglio richiamo visivo

per viandanti da allupare:

Eppure, ci credi o no, sono innocente,

innocente, io” mi sussurrò

con la voce più suadente, con la

voce del cuore, “anche se

feci scivolare

la carcassa del primo amore

in mare”, così mi confidò  Matilde,

l'assassina”, e io allora pensai

che il mare fosse l'immensa lanterna magica

in grado di dissolvere sogni e illusioni,

ma ora prendo un caffè

 con sua sorella, Raffaella

in jeans e maglietta sdrucita,

in servizio stabile

presso il dormitorio dei senza tetto.

Un ruscello azzurro sdrucciola dai cieli

e monda le mie sensazioni

dissolvendo le recenti esalazioni

delle fabbriche ambulanti di escrementi

nella città sempre più stordita

e fetida. “Il tuo nome vero

è Visodangelo” le dico

mentre si alzano i ritornelli

del perduto amore

intonato dalle recluse

uscite in cortile dalle celle

nell'ora dell'aria.

In un brivido di ombra e di luce

ritorna la voce ineguagliata del poeta:

Io sono una lampada che arde

             soave!

Nel sibilo assiduo dei fusi

le vecchie parole sentite

da presso con palpiti nuovi...”

Si china Raffaella

e nella sua voce

un gemere di ali spezzate:

Anche tu, canaglia, tenti

di ingannarmi per qualche istante

traboccante di emozioni,

ma io ora vivo per gli agonizzanti,

per i soggiogati

dal quotidiano dolore...”

All'improvviso le si sciolgono i capelli,

una spera di sole le spunta

dalla blusa a illuminare

un misterioso portatore di pane,

la testa insaccata tra le spalle,

la schiena incurvata dal peso,

i muscoli delle gambe tesi,

i piedi scalzi.

Il vento scompiglia la sua chioma

mentre da una nuvola gocciano

chiodi di cielo

a crocifiggere la sua anima

intrecciata fino all'inestricabile

con l'anima delle donne-custodi

del  primo perduto seme d'amore.

 

 

                                   Miti et fragmenta

 

 

La bellezza non è un valore assoluto fuori dal tempo storico, ma essa rinvia a una specifica dimensione temporale (si veda la bellezza romanica, rinascimentale, barocca, romantica, surrealista ecc).

La parola è il materiale linguistico che serve al poeta per creare bellezza. L'uomo è stato definito “animale linguistico”, definito dalla dignità del proprio discorso. La volgarità del consumo di massa tende a rendere il linguaggio strumento di volgarità. Gorgia, il sofista principe scrisse in Kairos   “La parola veicola una forza potente : pur dotata di un corpo minuto compie opere divine”. Dobbia=

mo continuare ad attendere il momento opportuno e ridare la gloria che alla parola spetta, non cogliendone l'immagine-ombra narcisistica (l'espressione del fenomenologicamente soggettiva), ma cercando di porci alla distanza estetica necessaria per accogliere la voce ancora ignota dell'essere (del non-essere).

La sfida radicale alla parola vivente tende a annichilirlo nell'anti-linguaggio comunicativo.

 Bisogna guardarsi dentro come Pigmalione (vedi Ovidio, Le Metamorfosi, libro X) , che scolpì nell'avorio un corpo bellissimo di donna, oggetto del suo desiderio. Se ne innamorò, Venere la resa vivente. Si amarono. L'allegoria ci dice che l'arte non solo imita la natura ma crea bellezza nuova!

La ricerca della bellezza riguarda l'essere: il bello è inafferrabile in sé e per sé, si rivela in relazione ad altro da sé.

Un testo poetico riuscito è in perenne sviluppo e metamorfosi nel tempo: ha in poppa i venti immensi della creazione iniziale. In ogni capolavoro vive una particella energetica dell'avvento del non-'essere nell'essere.

La poesia vive in un insonnia permanente per non soccombere alla fragilità dei sogni. Se il poeta lotta per la bellezza, nel testo si raffigura la lotta contro le costrizioni della finitudine. La poesia vera non può vivere senza l'ignoto davanti a sè.

L'essere e il nulla sono assolutamente inseparabili (vedi Sartre).L 'incipit di una poesia è l'unione del nulla e dell'essere:il principio non è un nulla puro ma un non-essere (l'ignoto) da cui potrà nascere l'essere.

 

 

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12 luglio 2014 6 12 /07 /luglio /2014 18:27
N. DI STEFANO BUSA': "LA POETICA DI ROBERTO MAGGIANI"


Ninnj Di Stefano Busà collaboratrice di Lèucade
La poetica di Roberto Maggiani
(a cura di Ninnj Di Stefano Busà)
Roberto Maggiani è già un veterano della poesia, e credo che sappia modulare la parola con sottile ironia e accenti e ritmi, ricreare attraverso una straordinaria sapienza sillabe e sintagmi, immagini, figure e visioni che rinnovino il senso profondo dell’esperienza lirica.
Trovo come motivo di fondo della sua poetica, una gioia sorretta da chiaroscuri che insolitamente elabora e infittisce episodi di ferite, per poi pacificarsi e placarsi nell’onda del canto, che via via si snoda, attraverso effetti variegati, in immagini d’alba, in luce trasfigurativa, in presenza di allegorie, di metafore ben individuate e felicemente risolte. E’ un dire fluido e versatile il linguaggio di Roberto Maggiani.
Vi si stende una modena tecnica scrittoria, evidenziandosi per compensazioni e consolazioni, un rinnovarsi continuo dell’essere, un’ansia  di vita che trova il suo punto fermo nel verso rapido e musicale, nel significante che numinosamente lo evoca e lo differenzia da tanta poesia banale.
Roberto Maggiani, inoltre, rappresenta la natura, i paesaggi, gli sfondi come toccati dalla grazia delle stagioni e da un’intensa forza maieutica di penetrazione e di autocontrollo, nel senso di una varietà e verità non occasionali, ma coerenti alla stessa scansione del linguaggio, legato, tuttavia, alle sue rappresentazioni liriche da un senso di vigore intellettuale, ad un’orchestrazione di strumenti fonici che ne determinano la fluidità e le ragioni fondamentali del suo porsi in poesia. Una voce chiara e nitida, non compromessa da sterili espedienti sperimentalistici ad oltranza, che sa volare alto nel solco della tradizione, sperimentando, anche, note moderne. In questo sta proprio la novità, e non certo nell’allineamento ad un “minimalismo” riduttivo e inconcludente di tanta poesia più mistificatoria e insulsa che certamente cadrà nel dimenticatoio.
                                                                       

                                 Ninnj Di Stefano Busà
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7 luglio 2014 1 07 /07 /luglio /2014 08:19

UN ROMANZO FILOSOFICO:

L’ESORDIO IN NARRATIVA DI NINNJ DI STEFANO BUSĂ

 

 

 

      Si direbbe un punto d’incontro, un coniugale convegno di più storie d’amore il romanzo d’esordio di Ninnj Di Stefano Busà. E lo è, indubbiamente, ma non è sufficiente ritenerlo tale per entrare davvero nel vivo, per calarsi in profondità nel dissertare: voglio dire che non è limitandosi alla considerazione del narrato che si possono cogliere gli aspetti più rilevanti dell’opera.

      In Soltanto una vita non è la trama che conta; sono le riflessioni di carattere filosofico-esistenziale, le conclusioni alle quali giungono - per l’autrice - i protagonisti, le esperienze che in loro maturano a creare l’intelaiatura che sostiene ciascuna vicenda. Sotto questo punto di vista, allora, la storia diventa - mi viene da dire - quasi un pretesto, una favorevole congiuntura perché possano essere indagate questioni da sempre presenti nella mente e nell’animo della misteriosa creatura uomo. Uno strumento di ricerca, dunque, che tenta l’universale tramite un processo induttivo (mi si passi il termine) che, una volta approdato al generale, non abbandona il particolare in quanto, esso stesso, espressione dell’assoluto. Così, gli episodi che si succedono di capitolo in capitolo altro non sono che manifestazioni della Vita, dei suoi alti e bassi, del suo naturale incedere: spesso contraddittorio, a volte (ma solo apparentemente) illogico, irrazionale, e però - o, meglio, proprio per questo - costantemente volto a tutelare il bene supremo che, in fin dei conti, è il miracolo più grande, ciò che perpetua l’esistenza stessa.

      Di quale inestimabile ricchezza si sta parlando? Ma certo, dell’Amore; di cos’altro se no? Di quello di dantesca memoria. Ecco: se la nuova fatica della nota scrittrice e poetessa si può, a giusto titolo, annoverare nella letteratura d’amore; ciò nondimeno questo va fatto con estremo riguardo, per non costringere il romanzo a vivere in ambiti che gli sarebbero inadeguati, per non dire estranei.

      Per rendere ancora più esplicito il pensiero, desidero riportare alcuni passi delle conclusioni cui Julie (personaggio centrale) giunge esperendo su se stessa la maternità. Le sue riflessioni (riportate in corsivo a pag. 61); sono così intense “da sembrare filosofia” - sostiene l’autrice -, a testimonianza di quanto sopra andavo asserendo sulla tipologia della presente scrittura. “L’amore è una tessitura sapiente, un’elevazione salvifica, sublimativa di un percorso che vuole penetrare il mistero dell’essere […] L’elemento amoroso dà all’eteronomia individuale la forza eternante della temporaneità, che rompe le catene della finitudine mortale, per evocare l’assoluto […] Ma è nella messa in gioco di un rischio fascinoso e sorprendente, che si compendia lo straordinario di un’avventura irripetibile: la ‘natività’, che è vita nella sua forma di elevazione pura. . .”. Senza dimenticare lo stupore che coglie la neo mamma al termine delle osservazioni: “non è utopistica la sua fantasia né immaginativa! È solo motivata da un bene che si autentica da sé, dalla discrezione primordiale di un bisogno che è stato l’inizio della vita.”.

      Mi sono dilungato perché mi piacerebbe che il lettore fosse orientato a recepire prioritariamente  le implicazioni sottese alla storia più che lo stesso racconto; intendiamoci: non che la narrazione non abbia la sua importanza - lo stile, tra l’altro, possiede un timbro peculiare e piena padronanza dei mezzi espressivi - ma sono convinto  che le pulsazioni provengono dal cuore, da tutto quello che dalla trama stilla come resina che cola lungo i rami.

      Anche se l’amore resta il momento topico, l’ambra dorata che colora le pagine, un discorso analogo va e deve essere sostenuto quando sono i luoghi, i paesaggi ad essere rappresentati con cura e dovizia di particolari: “Attraverso un descrittivismo naturalistico di rara perizia, che è anch’esso poesia, si snoda la storia dei protagonisti, la sagra dei sentimenti senza tempo. . .”. Ĕ quanto si legge nel risvolto di quarta: un’ulteriore conferma alle mie supposizioni; d’altro canto, è sufficiente prendere a modello alcuni brani incentrati sulla bellezza naturale per averne chiara percezione.

      Desidero, sinteticamente, riportare qualche breve stralcio della poetica descrizione dell’isolotto (a 3 km dalla costa) dove Gorge propone di recarsi per visitare, tra l’altro, le vestigia di un antichissimo agglomerato degli Incas: “. . . In quel luogo, tutto è un coro alla filosofia del creato […] Di colpo si sentono immersi in un’altra dimensione, la pace e il senso mistico della natura li prende, regalando loro momenti di cultura primitiva, di regole fatte a iniziazione del mondo, senza. . . i vizi e le corruzioni delle grandi metropoli […] Forse si tratta di una forma di atarassia […] Ha estremo bisogno l’uomo di oggi di vivere senza le scorie avvelenate di una eterodossia moderna che compromette il suo spirito.”. Per ovvie ragioni non posso citare oltre ma queste parole (pag. 161), mi appaiono importanti e sapide per intendere la portata umanistica del romanzo (“un’opera che va certamente controcorrente considerando i disvalori che, spesso, vengono propinati dalle letture di poca pregevolezza prese in considerazioni da case editrici cosiddette ‘grandi’”, osserva acutamente Nazario Pardini nella sua prefazione).

      Si tratta, dunque - per tornare agli aspetti descrittivi della narrazione - di un’esposizione non fine a se stessa, idilliaca o paradisiaca, bensì di un dire che mira a ben altri propositi, che ha intenzione d’immergersi nell’anima del mondo per penetrare, così, anche nell’animo umano.

      L’erotismo stesso è portato - se si vuole - su di un piano sublimativo che tiene ad evidenziare l’essenza del rapporto sessuale quale perfetta fusione tra carne e spirito; ed ancora, è molto interessante notare come, persino nei momenti di tanto piena beatitudine, venga riservata estrema attenzione ai sommovimenti improvvisi e contrastanti dell’animo, sollecitato dalla forza delle emozioni, dall’intensità del coinvolgimento.

      Esemplificativo ciò che si legge all’inizio di pag. 138 relativamente allo sgomento di Julie di fronte all’andamento altalenante del destino: ella teme - con saggezza primitiva, mi si lasci dire - la troppa felicità, perché l’esperienza le ha spesso dimostrato “che non prelude a nulla di buono”: una sorta di contrappasso cui è difficilissimo abituarsi ma che resta, pur sempre, legge universale, legge di natura.

      “Credere nella vita / vuol dire accettare anche il peso del suo dolore: / la vita è la distanza tra il grido e la ferita.”: con questo esergo la scrittrice apre, in un certo senso, l’opera. E come poteva chiuderla se non con un altro aforistico pensiero: “Siamo in fondo soltanto una vita, nient’altro”. In mezzo, oltre duecento pagine, nelle quali ritrovarsi, nelle quali ognuno di noi, per traslato, può riconoscere - pur nella diversità - la propria storia.

 

                                                                    Sandro Angelucci

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ninnj Di Stefano Busà. Soltanto una vita. Kairόs Edizioni. Napoli. 2014. Pp.230. € 14,00

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6 luglio 2014 7 06 /07 /luglio /2014 10:44
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1 luglio 2014 2 01 /07 /luglio /2014 09:53

 

Amalgama di Valeria Serofilli

 

a cura di Ninnj Di Stefano Busà

 

Una scrittura pregnante, fuori dalle righe, dalle monotonie liriche di tanti pseudopoeti, di tanti elargitori di parole...

Mi riferisco alla raccolta: Amalgama, che leggo con particolare partecipazione e attenzione. Si tratta di un libro colto e vigoroso, la scrittura si avvale di uno stile e di un contenuto altamente affinati, ha dalla sua parte lo sviluppo armonico di tutti i suoi elementi linguistici. Rievoca, sottolinea, coinvolge con la sua umana auteticità e il suo equilibrio formale, in cui tutto semanticamente si disarticola in una temperie di allusioni, di metafore, di colloquiali inserti tra il sé e l’altro di sé. Conoscevo la poesia della Serofilli sin dalle sue prime prove letterarie e devo ammettere che nei versi più recenti s’insedia con una mira più centrata, nelle ragioni liriche di un percorso più maturo ed esemplificativo. La sua autentica umanità vi si dispiega e diventa una sorta di privilegio leggerla.

 

“Morsi di parola sazino spazi bianchi/lenzuola
E tu leggimi mordimi impastami
e sarò il tuo più prezioso manufatto
bilanciato dolce impastamento:
frase/ inchiostro, acqua e terra
cemento.”

La parola cantata, per intensità, è giunta ad una parabola eccelsa, si è fatta suono, orchestrazione di varie forme sintattiche, di un messaggio intrinseco di sensibilità della sua psiche.

Lo stile è sempre composto, teso a realizzare quella simbiosi più genuina e più vicina alla confessione del proprio “io”, sorretto sempre da una profonda cultura e da un perfetto realismo linguistico.

Valeria Serofilli, come pochi, sa raggiungere i meandri della realtà ed abbracciare con rinnovato fulgore, ma anche con rassegnata malinconia le fragili sponde del vissuto.

L’autrice con immediatezza espressiva raggiunge esiti felici nel dosare le emozioni, apre squarci di azzurro e disegna delicate nuances nel tormento generazionale e nel caos tormentoso di tanta sofferenza e fragilità:

 Crea per te il bianco di un silenzio
ma colmo del più acuto sovrasenso
e circuisci lo spazio che ti pesa
centometrista senza la sua asta

Una poetica ricca di tematiche, che sa realizzare il senso della vita con ampie circonvoluzioni e volare alta in atmosfere che, per quanto surreali, talvolta, vivacizzano la scena e permettono al lettore di godere di un lirismo che non si accontenta di ripetere gli schemi consueti:

 

BEN ALTRA CONTROVERSIA

Risparmia il verso che corre controvento
riscopri il senso che nutra di risveglio
il giusto pane, lievito / impastamento
per non rischiare cadute di non senso
falsi richiami a miti desueti
ferri lisi che non tessono divieti
freno che non unto si consumi
Tieni a ricordo il tempo del tuo gioco
di calcio, vicoli, urla e di risate
Tingi d'inchiostro il tuo accorato coro
e non ti curar di loro
ma vivi in ben altra controversia
per cinger tempie del più verde alloro.

 

Valeria Serofilli sa registrare e metabolizzare la frattura tra il nostro tempo e l’io, che si apre al mondo in maniera non ostica e ostile, ma calda e appassionata, in grado di superare buio e solitudine.

I quali sono, diciamolo subito, l’eticità dichiarativa di una saggezza che va oltre le fandonie del mondo. Il lirismo viene percepito, pertanto, come scavo interiore verso una luce chiara, in movimento cosmico, nella valutazione di un -bene e di un male- che orientano la parola universale verso un’assimilazione morale che è anche coscienza individuale, certezza di un comune itinerario in cui le due forze si equivalgono e con esse la vita, l’esistente di ognuno, e dove il travaglio si fa meno cupo e più intensa e accorta la rivelazione limpidissima del componimento.

 

                                        Ninnj Di Stefano Busà

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